PAOLO TERLIZZI

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Terra di nessuno

Da un’intervista al fotografo Paolo Terlizzi
A cura di Sarah Lanzoni

19:35
Una sera, a cena, nel riaffiorare di ricordi d’infanzia – quelli che solo il tempo colloca nel suo giusto significato e aiuta a focalizzare – si parlava di luoghi, colori e silenzi, della natura, di quella umana, soprattutto, della consapevolezza della sua caducità, della falsa convinzione di sentirsi padroni del proprio destino e del proprio tempo, di come ogni possesso e ogni certezza possano svanire in un attimo.
Ecco come, quasi per caso, è nato questo progetto.
19:35. 90 secondi che hanno cambiato per sempre le sorti di una terra.
Dopo quarant’anni le cicatrici sono ancora ben visibili nell’anima delle persone e dei paesi, e in molti casi le ferite sembrano non essersi ancora rimarginate. Tra luoghi sospesi, rabbia, amara rassegnazione e bellezza dell’assenza, si resta nel mezzo, incapaci di giudicare la natura che con inesorabile lentezza e tenacia si riprende i suoi spazi, ricopre e seppellisce quel che resta di un tragico evento, incerti sul labile confine tra documentazione e turismo della tragedia. Camminando con rispetto tra polvere e macerie, tra silenzi assordanti e detriti di tempo immobile, si va via convinti di aver preso, carpito o rubato qualcosa.
Ma, per ogni immagine che si porta via, una parte di sé resta lì, sospesa”.
Paolo Terlizzi

In queste parole si racchiude la chiave di lettura del progetto “Terra di Nessuno”, l’affascinante viaggio per immagini di Paolo Terlizzi attraverso i luoghi di un’Italia poco conosciuta e semiabbandonata, riscoperti dal fotografo a partire dal 2008.
”Terra di Nessuno” va inteso come un vero e proprio contenitore di storie che si diramano intorno a due nuclei principali, le ricerche fotografiche intitolate “19:35” e “Belice”. Due ricerche focalizzate su alcuni siti colpiti dai violenti terremoti, rispettivamente, del 1980 in Irpinia – in particolare, i paesi di Senerchia, Romagnano al Monte, Conza, Tocco Caudio Vecchio, Apice, Alianello, Calitri, sparsi tra Campania e Basilicata – e del 1968 nella Valle del Belice – i paesi di Poggioreale e Gibellina nella Sicilia occidentale.

In “Terra di Nessuno”, Terlizzi sceglie di raccontare visivamente anche diverse “storie satellite” che, in certi casi, ruotano intorno alle vicende degli eventi sismici – come per Craco in Basilicata -, in altri, intorno a situazioni di degrado dovute piuttosto a incendi, abbandoni, frane o investimenti sconsiderati – come per Villaggi Schisina in Sicilia, Borgo Taccone in Basilicata, Roscigno in Campania, Pentedattilo in Calabria, Monterano in Lazio.
E fu nel paese di Craco che tutto cominciò nel 2008, quando Terlizzi, intenzionato a realizzare un progetto personale dedicato inizialmente alle ghost town, incontrò un bambino che si offrì di guidarlo attraverso le strade di un paese deserto, probabilmente in cambio di una piccola mancia. Così com’era comparso, dal nulla, il bambino si era improvvisamente dileguato. Proprio a partire da quell’incontro, il fotografo iniziò ad affrontare il tema della città abbandonata, sviluppandolo secondo un punto di vista che prendeva in considerazione la difficoltà o l’impossibilità dell’uomo di continuare a vivere nei propri luoghi d’origine, nella propria casa, e l’assenza di qualsiasi forma di sussidio economico o controllo politico-amministrativo in quelle che sembravano terre di nessuno, per citare un’espressione che avrebbe dato il nome al progetto stesso.
La complessità di questo progetto deriva dalla grande ricchezza di contenuti offerta da un percorso fotografico tanto esteso, sia a livello temporale, dal momento che “Terra di Nessuno” è ancora in corso di realizzazione, sia a livello spaziale, dato che le fotografie sono state scattate in diverse regioni italiane.
In tutti i paesi e le città che ha attraversato dal 2008 ad oggi, Terlizzi ha colto un comune e drammatico destino d’incuria e di abbandono, nonché una difficoltà, che emerge chiara dalle immagini, di far ritorno ai ritmi e alle abitudini di una vita, cosiddetta, normale – tema che in questo momento storico di emergenza internazionale sembrerebbe toccarci particolarmente da vicino -.
Già ai tempi dei primi sopralluoghi e scatti fotografici, effettuati soprattutto tra Campania e Basilicata, dove è tornato più volte nel corso degli anni, è maturato in lui un interesse crescente soprattutto per le vicende strettamente connesse al sisma in Irpinia, vero cardine tematico del progetto, confluito nella ricerca “19:35”, che deve la scelta del titolo all’orario preciso in cui avvenne il terremoto il 23 novembre 1980.
Una volta approfondite le vicende storiche di ogni paese visitato, Terlizzi ha estrapolato gli elementi più significativi e li ha ricercati attraverso il linguaggio della fotografia.
Nelle numerose immagini che costituiscono “Terra di Nessuno”, come nella selezione qui proposta, emerge una natura in perpetuo movimento che, lenta e inesorabile, si riappropria dei suoi spazi e si ribella, a volte silenziosamente, alla violenza esercitata dall’essere umano nei confronti dell’ambiente, del pianeta.
Nelle fotografie si alternano continuamente l’assenza, la scomparsa dell’uomo, così come le tracce rimaste del suo passaggio, in luoghi in cui i confini tra spazi interni ed esterni diventano labili.
Terlizzi restituisce all’osservatore un senso di equilibrio, sebbene precario e in continua metamorfosi, che caratterizza il delicato rapporto uomo-natura.
“Man mano, ascoltando le storie e vivendo certi luoghi ne diventi parte. Le storie diventano tue, come lo sconforto”. Così ha sintetizzato il senso profondo dei suoi viaggi e ritorni in Irpinia, a partire dal primo impatto con i paesi direttamente colpiti dal sisma che, sebbene a distanza di anni dallo stesso, sembravano essere rimasti alle ore 19:35 di quel 23 novembre 1980.
La curiosità per gli spazi abbandonati si è intrecciata quindi a un interesse rivolto alle molte vite rimaste duramente segnate dalle conseguenze di quei tragici eventi. Terlizzi ha ricordato come le persone coinvolte abbiano condiviso a lungo una visione incerta del futuro, la stessa che, per ragioni diverse, sembra caratterizzare anche il momento storico attuale.
Nato a Napoli e cresciuto a Sorrento, nel 1980 il fotografo era un bambino e, oggi, ha un ricordo vago del terremoto. Ciò che invece ricorda perfettamente è il nome del ragazzo terremotato che si unì alla sua classe; proprio come lui, molti altri studenti venivano accolti in paesi e istituiti scolastici diversi del sud Italia per poter portare a termine l’anno scolastico.
Alcune città colpite dal sisma rimasero avvolte nel silenzio, altre ricevettero finanziamenti consistenti destinati alle ricostruzioni delle infrastrutture che, in effetti, iniziarono, ma che spesso non furono portate a termine. A partire soprattutto dalla fine degli anni ’80, vennero condotte numerose indagini rispetto alla gestione illecita, da parte di importanti uomini politici, dei fondi destinati ai comuni danneggiati. Tra tutte, “Mani sul terremoto”, un filone della ben nota inchiesta “Mani pulite”.
E’ riduttivo trattare in poche righe un argomento tanto delicato, che in molte autorevoli penne giornalistiche hanno affrontato e che, di certo, meriterebbe un approfondimento più specifico in altra sede o attraverso lo studio della ricca bibliografia di riferimento esistente, composta di innumerevoli documentari, film, articoli e libri. Tuttavia, queste parole, così come le fotografie di Terlizzi, potranno forse restituire un quadro generale della situazione disastrosa in cui verteva e verte l’Irpinia dagli anni ’80.
Un quadro che, tristemente, sembra essersi replicato più e più volte nella lunga storia delle vicende sismiche della penisola, sulle quali Paolo Terlizzi induce a soffermarsi attraverso la poesia, la delicatezza e la bellezza delle fotografie proposte, nonché attraverso un’indagine sociale riguardante vicende che dovrebbero suscitare interesse in tutti gli italiani, da nord a sud, poiché parte di una memoria collettiva, di un patrimonio immateriale, ma più che mai reale, di storie che accomunano l’intero paese e i suoi abitanti.
Il cuore del progetto “Terra di Nessuno” è la ricerca fotografica “19:35”, dedicata al sisma del 1980.
Con questo articolo si vuole ricordare che nel 2020 ricorre il 40° anno dal terremoto in Irpinia, l’11° dal sisma dell’Aquila e il 4° da Amatrice. “Terra di Nessuno” è una ricerca aperta, ancora e sempre in corso di svolgimento, da un’idea di Paolo Terlizzi, che il fotografo intende ampliare in futuro e far confluire in una mostra fotografica, per mantenere viva l’attenzione rispetto a problemi di abbandono e reiterazione della cattiva gestione di emergenze mai risolte, nella speranza che L’Aquila e Amatrice non diventino, tra trent’anni, le nuove terre di nessuno.
Terlizzi continuerà a rivolgere la sua attenzione non solo al sud Italia, in particolare ad alcuni paesi già individuati e non ancora fotografati, ma rivolgerà il suo sguardo anche verso specifiche località a nord della penisola.
La scelta di non stabilire a priori un limite cronologico per giungere a una conclusione del progetto è in linea con la percezione di un continuo scorrere del tempo, indipendente dalla volontà e dalle azioni dell’uomo, restituita negli scatti. In “19:35”, le poesie di Marco Russo che accompagnano le immagini sono in perfetta sintonia con esse. Terlizzi e Russo hanno fatto ingresso insieme in molti dei paesi citati ma hanno deciso di esplorarli separatamente, di confrontare e unire i risultati delle loro due ricerche indipendenti soltanto alla fine delle visite di questi luoghi.
Le parole di Marco Russo evocano l’alternanza di assenza e presenza dell’uomo, affrontate da Terlizzi per immagini, in una natura che, come il tempo, continua a procedere e a farsi spazio, talvolta silenziosamente, altre volte con gran rumore.

 

 

“L’edera medica le crepe,
si incista alla pietra lesa.
Distende i tendini,
dilaga in mille rivoli
di nervi e di vene.
Stritola legno con legno:
lo avvolge, lo sostiene.
Marco Russo